La natura non è “buona”. E anche il termine “artificiale” evoca significati controversi. Soprattutto quando si tratta di cibo. A meno che non ci mettiamo d’accordo nel dire che i significati di buono e di artificiale sono sempre relativi al contesto e a chi li utilizza.
La scienza si trova sempre più spesso a discutere con persone mosse da emozioni provocate da informazioni incontrollate e troppo spesso diramate dai cosiddetti (non a caso) complottisti.
Gli scienziati non sono persone che amano la ribalta e non è facile che si abbandonino a pensieri irrazionali. Non sarebbero scienziati. Ma quando divulgano informazioni basate sulle ricerche condotte per anni su determinati temi, si aspettano di essere creduti.
“… Siamo in una società che deve prendere sempre più decisioni che coinvolgono la scienza e la tecnologia, sia sul clima, la salute pubblica, l’agricoltura … Ma, allo stesso tempo, viviamo in un’era in cui il la competenza scientifica è sempre più squalificata, mentre al contrario dovrebbe essere più presente, non per dettare ciò che dovrebbe essere (la decisione è composta da molti altri fattori, economici, politici, sociali), ma per illuminare le possibili scelte. Ad un certo punto, devi prendere in considerazione la realtà. Tuttavia, che si tratti di cibo, agricoltura o salute, siamo più nel campo delle emozioni o dell’indignazione che in quello delle competenze …”
Il virgolettato è tratto dalla traduzione dell’articolo in francese cui vi porterà il link che vi propongo di seguito (con google lo potete tradurre abbastanza bene):