Polli o galline? Una cannonata ha confermato che non conosciamo la differenza.

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Foto di Christels da Pixnio
Foto di Christels da Pixnio
Sono poche le persone che sanno qualcosa sul sistema di allevamento avicolo e sulle razze avicole destinate alla filiera alimentare. Fra questi, coloro che sono consumatori di carne di pollo e derivati, dovrebbero affinare le loro conoscenze su questo argomento, almeno per riuscire a comprendere quali fra le informazioni che li raggiungono, siano vere, verosimili o false.

 

La cosa curiosa è che sono moltissimi coloro che, se gli fai la domanda diretta “sai la differenza fra pollo e gallina?” non sanno rispondere. E chi risponde è più facile che stia arrampicandosi sugli specchi.

Perché? Perché ormai siamo abituati a comprare i prodotti della filiera avicola (e non solo) belli pronti e non ci rendiamo conto di cosa sia necessario organizzare per renderci la vita facile anche quando si tratta di produrre cibo.

 

Che si tratti di carne o che siano uova, pensiamo di sapere qualcosa leggendo le parole bio, allevati a terra, senza antibiotici, … ma in realtà poco sapevamo prima e poco sappiamo anche dopo aver letto quelle brevi diciture. Il mondo avicolo (ma in generale gli allevamenti) è costantemente sotto assedio da parte delle associazioni animaliste o ambientaliste e la confusione nel consumatore è sempre maggiore, nonostante apparentemente gli giungano più “informazioni” di un tempo.

La disinformazione, l’informazione parziale o quella di parte sono sempre la causa di orientamenti meno consapevoli di quanto crediamo di avere. La scelta del consumatore viene diretta prevalentemente dalla pubblicità che, il più delle volte, si limita a fornire blande, superficiali ed edulcorate affermazioni sul benessere animale.

 

La recente vicenda di cronaca che avuto come protagonista un allevamento colpito da un proiettile sparato da un carro armato in esercitazione, ha prodotto ilarità, sconcerto, preoccupazione, etc. per il fatto in sé, ma ha anche dato la stura ad alcuni casi di deviazione dell’informazione verso il tema dell’uso delle gabbie dimostrando che si confondono polli e galline evidenziando una particolare disinformazione di alcuni giornalisti in merito a questo settore. Motivo per cui trovo necessario sottolineare quanto segue.

 

Nel corso del tempo l’uomo ha selezionato le razze avicole in modo da ottenere due tipologie principali:

 

  • quella dei polli propriamente detti, utilizzata per le sue carni
  • quella delle galline ovaiole che il nome stesso indica essere la derivazione di incroci dedicati alla produzione di uova.

 

I “polli” da carne sviluppano in modo naturale le masse muscolari di petto e cosce e per questo vengono definiti anche “razze pesanti” (che gli americani chiamano “broiler”).

Le galline “ovaiole” hanno invece masse muscolari più snelle e per questo sono definite “razze leggere”.

I polli da carne e le ovaiole hanno vite parallele che si assomigliano, ma non si incontrano mai. Le aziende che si dedicano al loro allevamento tendono a specializzarsi e, tranne poche eccezioni, chi produce polli da carne non produce uova da consumo e viceversa.

La storia inizia comunque sempre da un uovo. Per la precisione, un uovo da cova fecondato, ottenuto in un allevamento di riproduttori. Esattamente come si fa per altri animali (cani, cavalli, gatti etc) da noi abitualmente definiti “di razza”. Ciò viene fatto per consentire che certe caratteristiche dell’animale selezionato passino geneticamente alla prole… che è il motivo per cui, quell’animale viene utilizzato come “riproduttore”.

 

Una volta pronti a deporre uova, i riproduttori sono trasferiti in allevamenti di deposizione per i restanti 12 mesi.

Ogni uovo da cova generato viene spedito in un incubatoio con altre numerose uova da cui, dopo 21 giorni, i pulcini sono pronti ad uscire dal guscio.

Come nel genere umano, circa metà dei pulcini nascono maschi e l’altra metà femmine… ed è qui che iniziano le prime differenze tra razze pesanti e leggere.

Per i polli da carne si utilizzano sia i maschi che le femmine: quando compriamo un pollo al supermercato possiamo quindi trovarci sia davanti ad un maschio che ad una femmina.

 

Nelle ovaiole invece, l’interesse commerciale è solo per le femmine perché, servisse ricordarlo, solo loro depongono uova.

Come scritto in precedenza, le razze ovaiole crescono molto lentamente e pertanto i maschi di queste razze non possono essere utilizzati come polli da carne (per questioni puramente economiche). Fanno eccezione alcuni prodotti particolari e di nicchia, come galletti o capponi, dove la ridotta velocità di crescita non è considerata un problema, bensì una qualità.

Da qui in avanti polli e ovaiole seguono comunque percorsi nettamente diversi e particolari.

 

I polli vengono allevati su una lettiera di trucioli di legno in capannoni semplici, ben ventilati e attrezzati per favorire una rapida crescita, e dopo circa due mesi raggiungono la maturità “commerciale”,  intesa come il momento previsto per la macellazione e il trasferimento alla filiera alimentare. Questi polli non arrivano alla maturità sessuale, che negli avicoli si raggiunge intorno ai 5 mesi, nemmeno nei casi di produzioni bio o free-range (tema che affronterò in un altro articolo).


I pulcini femmina, nati dalle uova di galline ovaiole
hanno una vita più complessa che dura circa due anni. Vivono per i primi 5 mesi in allevamenti di svezzamento dove crescono fino all’età adulta. Una volta pronte a deporre uova, vengono trasferite in allevamenti di deposizione per i restanti 16 mesi.

Questi allevamenti sono organizzati in vari modi: con gabbie arricchite, con voliere, con lettiera e casette a nido che le ovaiole utilizzano per deporre le uova.

Le diverse tipologie di organizzazione dell’allevamento e di deposizione danno origine alla classificazione che viene riportata per legge sul guscio con i numeri 0,1,2,3 (per approfondire questo tema https://www.esempidaimitare.com/nutriamoci/2019/06/27/luovo-e-trasparente/).

Le uova da consumo prodotte in questi allevamenti vengono poi inviate ai centri di confezionamento e da lì direttamente ai banchi dei supermercati.

 

Pietro Greppi  – Ethical advisor – info@ad-just.it

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